Thursday, April 25, 2013

CELEBRIAMO LA LIBERAZIONE?

Celebriamo la Liberazione?
In questo giorno, il 25 Aprile, in questi momenti, in tutta Italia vi sono manifestazioni accorate a memoria di questa ricorrenza, sacra.  Madoi ne fu attore e protagonista giovanissimo e poi ne lasciò testimonianza  nel suo addio,   inaugurando proprio in questo giorno, ma nel 1975,  il suo personale messaggio sul tema, fuso nel bronzo (San Donato, Milano, Monumento alla Sofferenza, ndr). Ma non intendo riparlare di questo, proponendo invece la domanda del titolo:  vi va davvero di celebrare la Liberazione?  Con lo stesso mood di gioia, esaltazione da missione compiuta o più banalmente, felicità da sopravvivenza?  Certo che no. Di quei giovani di allora ne sono rimasti pochi, e quei pochi sono ormai rassegnati a non essere neppure più ascoltati quando raccontano di quei momenti di pura gloria, abnegazione e voglia di riscatto, nella certezza di aver compiuto un' azione che sarebbe servita ad assicurare un futuro di libertà e certezza democratica a loro stessi e alle future generazioni.  In effetti, tecnicamente, è stato così. E' così. Ma se fossero testimoni, oggi, dello stato attuale dell' impresentabile  situazione di quel  Paese che ci hanno consegnato 63 anni fa,  finalmente libero, vitale, nonostante le ferite e i lutti? Allora la voglia di farcela era tutta intatta. Come dovrebbe essere oggi, pari alla voglia di questo Prometeo di arrostire questo uccellaccio nero che gli rode il fegato, giorno dopo giorno,  come se non avesse altro di cui nutrirsi.   Noi tutti, come Prometeo, tutto sommato resi prigionieri per colpe veniali,  abbiamo il dovere di  indignarci, di ribellarci nel quotidiano prendere atto di ruberie ripetute, giorno dopo giorno, di mascalzonate insopportabili, di pericolosa incompetenza.  Insomma di tutto quello che oggi, 63 anni dopo, rimane presente e saldo come nemico neanche tanto identificabile - cioè vestito malissimo, come il vecchio nemico di quegli anni, che non aveva  neanche idea di come presentarsi - ma tirato a lucido, grasso e splendente e circondato da tutta la sua refurtiva, cioè abbellito e reso ricco  dalle  nostre cose, rubate in anni di razzie spudoratamente perpetrate alla luce del sole.  E che rimarranno impunite, tra l' altro.